GOMORRAMI IN FACCIA

swingQuand’ero piccolo vicino a casa mia c’era un parco giochi. L’altalena legata a questo ricordo si trova ancora lì, credo sia la stessa, quella che sostituì la precedente, forse fuori norma, ora è ancora salda al proprio posto. Su quella altalena accaddero due “cose sessuali”. Anche se per me non lo erano chiaramente. Più che altro furono “incontri di concetti”, più che fatti materiali.

Ero sicuramente alle elementari. Ricordo con chiarezza che al momento ogni parola “difficile” gravitava attorno al sesso, per cui non era facile chiedere ai genitori, e nessuno sapeva un cazzo: sparavamo tante di quelle cazzate, per cui ad esempio mi fu spiegato con totale sicurezza da un compagno di classe che “essere di sinistra” significava che “sei così” e mimava il gesto di spostare l’orecchio da dietro in avanti. Il mio livello di conoscenza si fermava a questo, perché – e qui il corso di semiotica ci starebbe tutto – conoscevo una parola associata a quel gesto, cioé “RECCHIONE”, ma restava comunque un mistero cosa questa faccenda dell’essere “di sinistra” e “recchione”, anche indicabile con il segno succitato della-recchia, significasse.

Questo dunque il contesto di grande conoscenza.

Era con me LDP, uno dei compagni “sfigati” in quanto particolarmente “bene” (io ero sfigato in quanto mezza sega) e dai modi gentili-effeminati, da bravo figlio di banchieri. Io però non mi ci trovavo poi male e lui sicuramente non si sentiva sfigato: credo le abbia prese di brutto perché convinto di essere forte. Vedi tu che fa la convinzione in rapporto alla realtà. Ah sia chiaro: non certo da me. Dev’essere stato avventato nelle classiche zuffe da bambini, forse poco avvezzo a misurare le sue forze coi suoi pari al di fuori del controllo dei genitori. Ad ogni modo, una volta compreso che faceva parte degli sfigati, era uno a posto. E poi cazzo, aveva il castello giallo di lego! Conoscevo solo mio cugino che lo avesse… ma il suo era costruito e – inconcepibile per me – non si poteva toccare. Quello di LDP invece si. Ad ogni modo, immaginate questi due bambini che dondolano al parco. Non so come arrivammo al discorso, ma lui sicuramente disse “violentare”. E non so se voleva impressionarmi e quindi chiese “sai cosa vuol dire?” o se in qualche modo io diedi chiaramente ad intendere che per me significava “usare la violenza” e quindi picchiare, fare a botte, sta di fatto che mi ricordo la sua semplice spiegazione di quella che oggi spiegheremmo come molestia sessuale: “è quando qualcuno ti tocca il campanello e tu non vuoi”. Chiaro e semplice. L’età era giusta per chiedermi “e chi diavolo vorrebbe toccare il pisello? Ma soprattutto che buffo che lo chiami campanello! E pure pimpinello!”.

La seconda cosa che accadde sempre in quella zona, forse persino lo stesso giorno, fu con “uno più grande”. Che arrivò e ci sfidò, dicendo che lui sapeva “la peggiore parolaccia che ci fosse”. “E voi la sapete?”. Non si trattava di bestemmie, che comunque non pronunciammo: eravamo stati educati sostanzialmente alla frusta verbale: forse nemmeno le sapevamo. Sciorinammo tutte quelle che sapevamo sotto lo sguardo di sprezzante e sarcastica pena del bulletto che quasi teatralmente si abbassò ingobbendosi per dirci ad occhi sgranati “SBORRA!”.

Quando chiedemmo cosa significasse, ci disse che quello era davvero troppo e non poteva spiegarcelo.

Ma noi eravamo cagasotto, quindi non gli gridammo dietro “NON LO SAAAAAIiiiiiiii!”.

Prima di mettere assieme queste informazioni con quelle corrette ci volle moltissimo tempo. E fu grazie alla pornografia che i concetti visuali chiari ed inequivocabili trovarono, con calma e molti chiarimenti, spiegazioni, parole, definizioni, meccaniche.

C’era chiaramente uno che sborrava in bocca a una in quella pagina trovata nel buco di un muro. Ma per me era panna. E restò panna per molto tempo, latte condensato (“quello che portiamo quando andiamo a sciare”). E non mi chiesi come mai non uscisse panna dal mio pisello; non pensai, per moltissimo tempo, che quella roba fosse uscita dal pisello del tizio. Lui aveva messo il pisello SOPRA la panna, così la donna poteva baciarlo col trucco del dolcetto, che tagliato! E quello faceva parte della faccenda di cui non sapevo il nome. Ma la stessa immagine fu sicuramente utile nel chiarire che quella roba che mi aveva detto la mia mamma rispetto a come fossero le donne lì sotto non quadrava. La sua spiegazione corrispondeva all’incirca ad uno scolapasta o agli scarichi del lavandino. Era molto più chiaro nell’immagine: era la versione adulta delle bambine che per me avevano “una righetta”: sapevo questo perché c’erano stati alcuni “se ti mostro cosa ho io mi mostri cosa hai tu?”. E poi mia cugina una volta provò a farsi scopare, ma avevamo 5 anni e robe mollicce e continuammo a giocare al lego. Questo perché mia cugina aveva un librino di educazione sessuale. Per me rimase un “boh, che roba strana” e poi “puff” per anni.

Bello avere una mamma cattolica ed entrambi i genitori non in grado di spiegare cose che – se note – i bambini tra loro si spiegherebbero con estrema semplicità, come a casa del signor Malaussene, magari poi dicendo “bleah, che schifo!” ma ricevendo l’informazione per quel che è.

Il titolo? ah boh, non volevo esagerare subito così, come primo post del 2022.

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