Depressione, orario, cibo?

Mi alzo normale, vado sul gruppo FB di nota associazione fotografica profesionale mentre sono sul cesso, leggo la testimonianza di un tipo: riporta quella di una ragazza che è stata in stage da un altro fotografo e hanno fatto matrimoni col cellulare. Chiede opinioni.

Naturalmente si finisce sempre per citare frasi e aforismi di famosi fotografi del pre-digitale. Credo che il mezzo fotografico di espressione non sia sufficientemente vissuto dalla popolazione tutta per poter essere guardato come la scrittura o la musica. Qualcosa che, in un modo o nell’altro, diventa alla portata di tutti. Eccomi qui, io scrivo. Ma non vivo di scrittura. Una appassionata scrittrice, di quelle che fanno la scuola di scrittura, sicuramente più preparata, competente, colta di me, mi fece tanti complimenti che porto con me. Certo, era innamorata, quindi: posso crederle? Non lo saprò mai. Ma non scrivo per mestiere, nessuno paga per avere il privilegio di leggere ciò che produco, per averne una copia, per riconoscermi il valore monetario della mia fatica e proprietà intellettuale. Evidentemente non ce n’è motivo, mica è taccagneria. Se puoi cucinarti “du’ ova” da solo, lo fai, mica aspetti Cracco: anche se dopo aver visto come le prepara, su youtube, mi levo il cappello e respect to you. Non mi pagano per scrivere testi per qualcuno. Non ho intrattenuto né cambiato la vita a qualcuno con i miei testi. Eppure in qualche modo, come tanti di voi, so scrivere. Ecco, questo fa di me uno scrivente ma non uno scrittore. E così, citando Smargiassi, il fotografare rende molti “fotografanti” ma pochi “fotografi”. Al di là di chi ha passione per questo genere di approfondimento però, esiste il mestiere.

Chi fa questo mestiere è stato prima appassionato e poi lavoratore. Magari ha mantenuto la pasione ed accresciuto la cultura.

Io però non posso smettere di pensare (ah non puoi? perché?) che quando un mestiere smette di esistere, molto di quella attività cambia. Un mestiere smette di esistere perché non risolve più il problema di tante persone che non se lo possono risolvere da sole. Non gli dai qualcosa che non possono darsi da sole, che non sia auto-soddisfatto.

Questo pensiero di quanto poco sia visibile alla massa delle persone la differenza tra “tutti col cellulare poi passatemi le foto” e il lavoro fotografico mi ha rattristato. Eppure si sa che ci sono reporter che oggi è sensato, giusto, adeguato, che mandino una foto con whatsapp fatta col cellulare. Sono li, dopo 30 secondi la foto è qui. Secondi in cui questi potrebbero persino essere morti. Ma questo stesso genere di integrazione nelle telecomunicazioni con una fotocamera che produca un risultato migliore? Vedi differenza? Metti in discussione il premio mondiale perché qualcuno ha usato photoshop… senza mai paragonare al lavoro in camera oscura che fecero i lodatissimi predecessori? Ma poi, di che parliamo, di fotoreporter, di guerra, di premi pulitzer e altre glorie che furono? Quello che si infrange è il sogno di fare un bel lavoro, basato su una bella cosa, una splendida attività umana, con un contenuto meraviglioso. Perché tu, senza lavorare, senza guadagnarci, quell’attività la puoi comunque fare.

Puoi scrivere. Puoi fotografare. Puoi suonare.

Sarai un dilettante.

E questa parola, forse, rode l’orgoglio, no?

“Sono un fotografo” e poi la voce sfottente “si, dilettante, però, non ho visto le tu foto in copertina di Vogue”. Vero. Non le hai viste. Quindi faccio schifo.

La confusione tra valore e popolarità la faremo sempre, confonderemo sempre l’essere belli e l’essere sexy e desiderabili per tutti con questa stessa sensazione, il successo, la fama, spostata su qualsiasi altro genere di attività umana rischiando di perderne il piacere. Il riconoscimento di valore tramite lo scambio di valore economico: nessuno ti paga per questo, questo non vale un cazzo, tu non vali un cazzo.

Ad ogni modo niente da dire sul mio stato mentale: ormai sono giorni che in varie ore del pomeriggio la depressione strappa morsi abbondanti. E il caldo umido sospetto mi renda più sofferente nella totalità delle sensazioni. Orari, temperature. Forse anche cibo? Verso le 23 poi me so’ riempito la panza, tutto era migliore. DroKa? Endorfine? Nulla nel mio ragionamento era diverso. La chimica fa questo: accresce il mordente del dolore, con me. Una cosa è triste? Diventa disperazione come un acido che cola da dentro il mio stomaco per bucarmi la carne ed uscire, se ho la depressione sbagliata. Altrimenti è solo triste.

Nei primi minuti di passeggiata-pro-ossigeno mi sono riportato al mio solito piano exit-key: il tasto rosso. Ho sentito parlare di qualcuno che si lamentava di un sito in cui “i giovani” si procurano velocemente il suicidio e non ci sono avvertimenti. Non so bene di cosa stiamo parlando. Nelle mie ricerche di anni fa qualcosa l’avevo trovata, ma ti chiedevano 500 euro… per qualcosa di cui non so niente. E se è illegale non puoi lamentarti poi con qualcuno. Questo è il problema. E non puoi neanche dire “la metà a lavoro ultimato”… perché a morire sei tu. Ad ogni modo il mio solito respiro di sollievo è tornato. Ho delle cose da fare, dei problemi da risolvere. Altro che “il lavoro della vita”. Ho dato il primo millino a M, credo mi manchi solo un altro millino da dare a B. Avevo visto una blackmagic abbordabile per 2500 eur circa, 6K, accesso a DaVinciResolve pro, non free… Ma se faccio cagare con quello che ho, perché mai l’altra attrezzatura dovrebbe migliorarmi? Practice makes perfect, not gear – dovrei affermare a gran voce.

Ad ogni modo questo rimette sempre, velocemente, le cose a posto. “Puoi sempre morire”, ma intanto fai quello che devi fare. Ad esempio non mi sono autoeliminato le cose intorno a sufficienza. Qualche progresso l’ho fatto, devo ammettere. Proprio l’altro giorno ho mollato a K.e.a. una borsata di libri di fantascienza. Sono felice che li abbia. E devo dare svariate cosette dei Pink Floyd a qualcuno che le apprezzerà: oggetti, confezioni. Anche i CD immagino. Tanto questi fottuti hanno fatto uscire versioni re-re-re-re-re-remastered un miliardo di volte e quindi mi conviene davvero, dopo aver già comprato tutto, scaricare l’ultima versione in FLAC da qualche parte. “Da qualche parte”, mi raccomando eh.

Così ora torno a fare le mie cosette. Sono e mi sento solo. Isolamento, solitudine. Fate voi. Forse potrei vivere in totale solitudine con la tranquillità della ricchezza. Smetterei di pensare a me e guarderei il pianeta: c’è tanta bella roba se fai il turista per sempre. Sarebbe una droga, nessuna vera soluzione.

Ora faccio un check. Dicono che nei testi dei depressi le parole “mai” e “sempre” siano molto presenti, tanto come “io”. Su 1097 parole “io” : 3, “sempre” : 7, “mai” : 4.

E depresso lo sono. Ma non sono uno statistico. Forse però bisognerebbe includere tutti i soggetti sottintesi, no? Non so come funzia. Buona vita a tutti, meravigliosa vita a tutti.

Se hai verificato che quello che scriverai è vero, che è qualcosa di buono sull'argomento ed è utile che io lo sappia, ma soprattutto SE SAI USARE LA PUNTEGGIATURA, dimmi: