Censura da marketplace 2020-2021

Piccolo drogato. Di? PC. Di accesso ad internet, di uso di questo mezzo informatico. Di scrittura, maneggiamento immagini, accesso alle informazioni. Ben prima di qualsiasi millennial la mia vita è stata connessa, come nei romanzi cyberpunk degli anni ’80. Il pc che uso per lavorare è sotto i ferri. Non posso fare lavori fotografici o video, né lavorare sui nudi. Per fortuna Prime Video mi ha sparato fuori la quarta stagione di Mr.Robot. Paranoica come sempre, ma me gusta.

app stores level censorship

Nella mia prassi di autoeliminazione ho selezionato diversi CD masterizzati che sono prestissimo riuscito a rimpiazzare in lossless senza nemmeno mettermi a ri-estrarli. La cura con cui ne ho creati la maggior parte, nella selezione dei materiali, dovrebbe comunque renderli sufficientemente longevi da essere trasferiti a qualcuno, a farli sentire, apprezzare. Quelli, selezionati, li ho messi in una bella scatola di plastica dell’IKEA per passarli a qualcuno.

Sono rimasti, già da questa piccolissima e primitiva scrematura, quelli originali. Ne ho estratto uno per scrivere qui: nei cataloghi di vendita per corrispondenza, ricordo, veniva sempre affiancato il titolo di questo album dei CULT con “corna”, perché è omonimo (1994); in particolare io inizio a considerarlo dalla seconda traccia “Coming Down (Drug Tongue), il cui suono della batteria mi ricorda tantissimo quello di quasi tutto Achtung Baby degli U2. Se non ricordo male fa cagare a tutti, come un sacco di album che piacciono a me quando sono di qualcuno che “di solito fa questo” e che in quel determinato album fa “altro”; immagino anche che si tratti sempre di una strizzata d’occhio con la moda del momento. Il punto è che poi di solito mi piace per sempre. Ah chiaro, prodotto da Bob Rock. Un tot di gente lo buttava fuori perché la sua produzione era troppo evidente (invadente?). In effetti suona grungy e così vedo che tutti lo stanno etichettando. Si, “pecora nera” per i fan. Poche vendite secondo la band a causa del linguaggio offensivo.

Ed eccoci. Linguaggio offensivo. Explicit lyrics. Graphic content.

Che epoca triste è diventata? Devo sentirmi nello stesso posto degli estremisti di destra perché rivendico ancora, e ancora e sempre continuerò a farlo, la libertà di scrivere, esprimere, esporre, mostrare qualsiasi cosa pubblicamente? (se non vi fosse chiaro sono più anarchico e di sinistra, che altro). I dischi avevano un bell’adesivo “explicit lyrics” o “explicit content” e ciao. Non ne vietavi la vendita.

Pàrler, Gab. Studiate cosa è successo. Non voglio certo spogliare la reazione dall’azione che l’ha generata: dei pezzi di merda hanno detto cose orribili. OPINIONE: io stesso sto dicendo qualcosa che mi può far considerare 1) un pezzo di merda 2) che dice cose orribili 3) che le cose stesse siano orribili. Queste sono tutte opinioni. Io ho le mie e le esprimo, sono anche giudizi. Non sono filtrate: sono esplicite. Uso parole scurrili. Poche persone mi leggono, ma io scrivo come se questo blog fosse attachment di Repubblica, me ne fotto proprio. Nella vecchia incarnazione questo blog qualche visita sopra i classici venticinquelettori la avevo. Qui il ranking è basso assai, ma va bene così. E la cosa triste non è che vada bene così perché io ho bisogno di un buon posto dove non essere riconoscibile e poter sfogare il mio pensiero, no. La cosa è triste perché fintantoché rimane nicchia la tua libertà sembra rimanga effettiva: puoi esprimerti se parli col muro, dentro casa tua, nessuno deve vedere, sentire, si può dire se non sente nessuno. In uno dei post c’è un nudo esplicito frontale. Forse perché appunto non “capitano di qua dei bambini”. La cosa è triste perché se per caso per un motivo assurdo qui si intasasse di visite (ridiamo forte) temerei la possibilità della censura.

Quale?

Oggi la possibilità della censura – su internet – passa di solito per una piattaforma e sull’hosting. Pensavo di no, che l’hosting non fosse un problema. Questo mi riservo di ricontrollarlo, ma è possibile. Avevo letto in giro che Cloudfront se ne sbatte il cazzo: il loro servizio è difendere il cliente, non importa chi sia il cliente, fintantoché non viola la legge, non una policy. Delle merde di destra avevano un giornale presso di loro e nessun DDos è riuscito a buttarli giù. Chapeau a Cloudfront. Perché? Perché se la legge richiedesse di tirarlo giù lo farebbero. Non LA FORZA. Questa è la libertà di espressione, a mio avviso. Non mi tappi la bocca con la forza, nemmeno se io sto esprimendo che si dovrebbe tappare la bocca con la forza a qualcuno. Perché io sono libero di dirlo e tutti di ergere grandissimi ditoni medi nella mia direzione. Ma ancora di più: di non cagarmi, oppure di contraddirmi, di dire la loro su di me, eccetera.

Io infatti sono per l’idea contraria: che si debba poter esprimere ogni cosa. Che si debba poter GIUDICARE ogni cosa, che si debba poter NON RISPETTARE l’idea che io esprimo, ma che si debba rispettare la mia persona ed il mio diritto non perché mio, ma perché un principio per tutti. Perché il pericolo non è che io dica cose violente; il pericolo è che tanta gente le pensi e nessuno, sentendogliele esprimere, lì, apertamente, al vento, dica nulla. Che poi in qualche modo vadano avanti fino ad essere votate, a divenire legge. Sappiamo che esistono idee del cazzo perché la gente le esprime. Perché quello si che è violento, pericoloso, terribile: bisogna girarsi dall’altra tantissimo, disimpegnarsi tantissimo perché parole violente possano diventare accettabili idee, venire realizzate, appoggiate, sostenute, proposte come leggi e smettere di essere espressione del pensiero, per diventare attraverso la politica e la democrazia, atti, legge, qualcosa che si fa, non che si dice, al cui servizio la forza fisica può essere messa, per legge, dallo Stato! Ma noi sappiamo chi ci fa cagare perché lo esprime, libero di farlo. E possiamo contestare ciò che dice, perché lo dice. Possiamo istruire i nostri figli parlando con loro anche di quello. Non devono scoprirlo nel segreto di un buco di merda da qualche parte. E nemmeno in questo modo devono scroprire la nudità del corpo umano: come se fosse sporca, schifosa, immorale, indegna, vergognosa.

In particolare non mi frega un cazzo delle merde di destra, sia chiaro, mi interessa della libertà di parola ed espressione, di “stampa” (via internet), di pubblicazione senza richieste e concessioni di autorizzazione o timore di censura, di blocco, di cancellazione, di irreperibilità. Fighe aperte, buchi di culo, bestemmie: nessun problema. Non ti piace? Non guardi, non vieni qui. Volete dirmi che non devono essere pubblicizzati direttamente? Ok. Questo ha senso perché in qualche modo devo poterti raggiungere ma senza offendere la tua libertà di non venirne in contatto se non vuoi. Devo lasciare a te la scelta: ma la devi avere quella scelta, non devo scomparire, non puoi già sapere per trovarmi. Vuoi leggere il Mein Kampf? Puoi farlo cazzo! Vuoi leggere in un libro che si devono uccidere gli infedeli? Lo PUOI FARE! Sono tra i libri più estremisti e venduti del pianeta. E i loro testi sono in vendita nei negozi, non censurati, difesi dalla libertà di superstizione, e dell’ipotetico “senso religioso”. Difeso!

Ma i genitali visibili su corpi degli esseri umani no, quelli non si possono vedere. Belli o brutti, sesso o non sesso, porno o non porno, arte o non arte, chissenefrega, non si può tanto quanto un testo che dica che chi non è della mia religione è meno umano, meno degno di vivere.

Paolamalloppo, pseudonimo con suggerimento, è il nick di una delle tante persone tra fotografi e fotografe, modelli e modelle, che trattano il nudo integrale e che hanno tentato la via dell’incontro con possibili audiences via Instagram, così come AndreaThomasPrato o Lundensombreux e centinaia di altri. Certo che lo spazio migliore sarebbe quello umano, diretto, pubblico e fisico di mostre e dialogo. Ma il mondo è questo, è anche digitale. Ho seguito giorno per giorno censurare quella donna e lei che resiste, con idee molto diverse, nelle intenzioni, dalle mie. Eppure fa lo stesso. Glamour o porno, arte o accettazione del corpo diverso, è tutto uguale per le piattaforme e le sub-piattaforme. Alla fine il risultato è che i posti dove puoi vedere questo sono angoli bui, resi gli unici posti possibili proprio dal meccanismo “non qui”. E’ reso porno da chi ha la policy (non la legge) in mano.

Le app per essere distribuite/pubblicate necessitano di una app speciale che è il marketplace. Gli smartphone sono nati con questo meccanismo: meccanismo che io odio anche su windows, dove per partito preso io NON scarico le app dal microsoft store, le UWP, la differenza gigante è che su questo sistema operativo Desktop è ancora evidente che cosa sia il sistema operativo e che le applicazioni, i software applicativi, sono programmi che fanno cose e che questi programmi te li scarichi dal sito dove li fanno e/o vendono. Ad esempio una “cosa che puoi fare” è navigare nel web, accedendo ad internet e usando un web browser. Apri il tuo browser, digiti un indirizzo o selezioni un segnalibro e ci vai. Puoi andare su facebook e instagram, ad esempio, quanto su twitter, tre siti il cui “significato” e servizio offerto è quello di community e che hanno anche la caratteristica di social-network. Ma farlo da browser, su smartphone, è scomodo, lento, mancano caratteristiche. Vai sullo store, scarichi la app, fai login (esattamente come dovresti fare sul sito, al quale comunque accedi, ma in altro modo) e via, tutto più spedito e fico. Anche perché lo smartphone ha più della metà di marketshare del pianeta, in termini di accesso ad internet planetario, ad oggi.

A questo punto devi capire “DOVE sei” e “chi comanda” a vari livelli: quando leggi o scrivi in uno dei social citati, hai avuto accesso ad una community gestita e di proprietà di qualcuno; nel caso di Instragram e Facebook (e Whatsapp, che con gli stati si è reso social con lo stesso stile delle stories di instagram e facebook) la proprietà e la policy che sottoscrivi sono by Facebook. Sei in un luogo privato, gestito da privati. Se la regola fosse postare solo in francese o in maiuscolo, o la segui o te ne vai. È come un club privato con tessera; al di là del mancato rispetto della legge, si fa come dicono le regole della casa, nulla di illegale. Idem per Instagram.

Ma supponiamo che tu sia ricco e/o programmatore che ama arte e libertà e nudi e parolacce. Non ti sta bene il modo di gestire la policy di Instagram e decidi di creare il tuo social network. Molto bene: finché si tratta del sito probabilmente ce la farai (come dicevo sopra, mi riservo il diritto di ri-fare questa ricerca: nei siti free il porno è sempre vietato, ma negli hosting non ne sono certo, quindi vista la merda di situazione, estendiamo al nudo, d’ufficio), ma appena tu sviluppi la tua APP, che sia per iOS o per Android, poco importa: devi passare per il marketplace. E qui comanda il marketplace. Non la legge. La policy di quello APPLE oppure di quello GOOGLE. Fin dalla loro nascita questi sistemi sono stati pensati, immagino per motivi di controllo del mercato, per incanalare tutto nel controllo del marketplace. So perfettamente che il superamento del processo necessario per arrivare a pubblicare non garantisce necessariamente o certamente sicurezza (safety/security) dell’app: non è detto. Immagino (non ho controllato) che le policy si lavino le mani da questa responsabilità, salvo poi dirti che se abbassi le autorizzazioni per dare accesso ad app che non provengono dal marketplace e sono scaricate da altri posti rischi virus e trojan e il bricking (il tuo dispositivo diventa uno scintillante oggetto inutile).

Ma tu , che ora chiamerò KUNTOSOFT , hai deciso di fare un sito xxxtagram, piattaforma con regole di pubblicazione che non hanno paura dei capezzoli e nemmeno della figa, anzi, magari sai cosa, hanno una SCELTA da parte dell’utente: NSFW ON / NSFW OFF, molto facile. Se vuoi vedi, se no non vedi, magari con una policy lato publisher che sia severa nell’indicare se il tuo materiale ha un capezzolo o altro in vista, parole eccetera, in stile rating dei film … ma che poi tu, utente, non puoi rompermi i coglioni se hai messo “OK VOGLIO VEDERE”. Semplice no? Decidiamo noi: se non vogliamo vedere, non vediamo. Ma non deve essere impedito di vedere, se vogliamo, né di pubblicare, se non è illegale. Bene, io utente/lettore/guardatore Gino Birguti che entro in XXXTAGRAM prodotto della KUNTOSOFT, dal sito, potrei avere un ambiente sicuro ma non censurato, in cui la regola del safesearch stile google funzioni in modo meno “o scrivi fica o non la vedi”, ma più “se hai detto che vuoi vedere vedi tutto, se no NON vedi ciò che è stato classificato”. Questo dal sito, la cui policy e il “potere” sono gestiti da KUNTOSOFT. Bene, due settimane e gran parte del mondo dell’arte passa da te, allergico alla censura, novelli Schiele dei 2000, e tu della KUNTOSOFT decidi di far sviluppare la rilucente stupenda APP per Android e anche iOs!

E te la puoi allegramente spingere bene bene su per il retto godendo forte e ritirarla fuori e ripetere la cosa a piacere, perché l’unico modo “comprensibile alla massa” per far arrivare la tua app sul cellulare di chi la vuole è passare per il marketplace. E la legge, sul marketplace, non è di KUNTOSOFT, a prescindere se su XXXtagram lo è. Perché la APP di XXXtagram sui marketplace non passerà mai fintantochè non sarà chiaro che tu sei una succursale della policy del marketplace. Che anche tu non permetti nudità, di nessun tipo. Ma come, e i siti porno? E i siti degli artisti di nudi?

Quello è internet, nella forma “web”, non nella forma “app”. Internet deve rispettare le leggi, molte meno “policies”. Certo, come ho già ripetuto varie volte, non è detto che chi ti fornisce l’hosting non abbia la sua policy che comunque non te lo consente.

Se avete letto fin qui ovviamente vi meritate tutta la completa verità: i marketplace sono “app per avere le app”, negozi di negozi. Ed è ovviamente possibile installarne altri. Ma 1) anche questi avranno delle policies 2) è roba da nerd e io sto parlando della massa. Tutto qui? Ma no, naturalmente tutti sanno che la app di pornhub esiste. Ma sanno anche che se il loro cell si riempirà di merda software, malware, spyware o qualsiasi cosa, a prescindere da pornhub, non potranno mai alzare le mani di fronte ad un servizio tecnico … hai una app che NON viene dallo store ufficiale, QUINDI….

Le app non ufficiali sono tante. Ma devi sapere molto bene quello che fai. Io sto parlando di far arrivare contenuti che non ritengo debbano essere ghettizzati a quante più persone possibili, senza obbligare loro a vederli, né impedendoglielo, obbligando altri a diventare reietti.

Ora a me fa cagare che l’unico modo di vedere esempi simili sia GAB o PARLER nei casi degli estremisti di destra. Ma il punto è il mezzo con cui è stato loro impedito di esprimersi. Non è stata la legge. Sono stati provider di servizi, interessi privati. Questioni di business, di immagine.

Capite che nel mondo fisico io le alternative le ho. Stampo in proprio, faccio mostre, roba così. Questo mondo però ha consegnato l’accesso alla libertà di espressione alla policy che è money-driven.

Se una gran parte della massa mi chiedesse la fica, allora cambierei la policy. Questo è chiaro, non è la legge. Ma il marketplace? Quello è il collo di bottiglia.

Anche pornhub è stato preso per le palle via fornitore di servizi: le carte di credito. E anche in questo caso vediamo una caratteristica emanazione dello stato – il denaro – e ciò che lo regola, scavalcato da una policy aziendale e dal potere di non erogare il servizio, di fatto impedendo a chi ha un valore di esprimerlo come invece la legge gli consentirebbe: l’acquisto o la vendita. La legge infatti non interverrebbe sull’atto della compravendita: non sarebbe lecito/legittimo.

Ora noi ci giriamo tutti dall’altra parte perché giustamente da una parte c’è la destra merdosa (Qanon , razzisti eccetera) e dall’altra parte ci sono ragazzine sfruttate (pornhub e i mancati controlli): gli tagliamo i soldi e gli tappiamo la bocca e non avranno più lo sbocco. Mitico. Ma chi lo fa? Lo fanno provider di servizi. Il fatto che possano farlo è la cosa più sbagliata del mondo, la realizzazione del “lo faccio perché posso. La stessa cosa che consente un omicidio, in termini di dinamica: sono in grado, ne ho la forza, la mia opinione me lo fa ritenere giusto, nulla me lo impedisce? Passo da opinione ad azione: lo faccio.

Vorrei che questa cosa non smettesse di essere di qualche interesse pubblico in ambito di free speech , arte e persino di cosa sia oggi da non vedersi e perché pornhub e youporn e XXVIDEOS e soci sono lì, ma la gente pensa che sia la LEGGE ad impedire la stessa cosa sulle app. Non lo è. E questo rende identico pornhub e Thomas Holmes od Osphilia. Vorrei che restasse di interesse, non dimenticato. Finché le cose non sono portate sul piano della legge e della legittimazione, sono lasciate alla superficialità del momento, alla discrezionalità di qualcuno di esercitare un potere, come il poliziotto che chiude un occhio se vuole e che fa il pignolo se gli gira male. Un burocrate in quel caso, nel senso deteriore del termine, più che un tutore dell’ordine e un servitore dei cittadini.

Certo io sono anche per ridiscutere su quanto sia soggettivo cosa sia “osceno” “da non vedere” , al di là della protezione dei minori (che comunque da quando esiste il porno su internet ci vanno subito a vedere) … ma qui siamo già andati indietro, non avanti. Tanto indietro.

Quanto indietro vogliamo andare in termini di libertà di espressione?

Almeno l’ho scritto.

Se hai verificato che quello che scriverai è vero, che è qualcosa di buono sull'argomento ed è utile che io lo sappia, ma soprattutto SE SAI USARE LA PUNTEGGIATURA, dimmi: