Citazionismo culturale in un mondo che corre

Non comprendete forse “d’oh”, Monsieur Dausserniere?

Trovatevi ogni giorno di fronte ad una macchinetta del caffè, per vent’anni, in un ambiente semi-industriale, in cui quindi sia condivisa una differente tipologia di popolazione. Diciamo la classica operai-impiegati? Va bene. Ogni giorno. Ad un certo punto vi renderete conto di cosa si parla, lavoro a parte. Di cosa si ride, soprattutto. Lasciamo perdere i selezionati amici che si incontrano.

Una delle cose su cui fare i raffinati che “si intendono” è condividere qualcosa, condividere un retroterra culturale? Cosa potrebbe voler dire? Un vissuto comune? In una fabbrichetta di 150-200 persone… cosa potrà essere? Dipende dalle fasce d’età, dalla zona di provenienza. Gente di paese? Quindi conoscenze comuni, comportamenti, personaggi noti.

La TV, ovviamente.

Prima che fosse la TV a fornirci un terreno (schifoso) comune , tra chi se lo poteva permettere, si trattava della letteratura. Niente cinema. Avere riferimenti culturali di altro genere (musicale? Per fare una battuta? Troppo nerd). Una citazione la “sentivi” se avevi letto e ricordavi tal dei tali… i classici, o magari si aumentava la raffinatezza (e la presunta acutezza) se erano di difficile reperimento, se avevi superato il numero di classici, se avevi letto i francesi, i russi, che so.

Ma superate questo momento, la gente non legge, la gente legge di tutto, la gente legge merda. Quel che volete, ma di produzione artistica dell’espressione umana ce n’è TANTA.

Quando eravamo adolescenti io ed un mio amico riuscivamo a farci il quiz musicale in casa: facevamo partire il CD (grande innovazione) e tic-tic play-pausa, pochi secondi di ascolto concesso… riuscivamo ad indovinare di chi si trattava. Col tempo la collezione di musica aumentava, fino a che io ho raggiunto circa le dimensioni della mia collezione originale attuale (circa 2200 pezzi) e il mio amico non so, forse di più, ma più orientati ad un certo genere, mentre io ho sempre ascoltato vario.

Non ci riuscivamo più, era impossibile. Troppa roba. E parliamo del 2000 al massimo. Col tempo la produzione, la disponibilità, l’offerta si è moltiplicata e moltiplicata, sommata, affastellata. Attraverso la pirateria prima e youtube poi, nonché alla fine tutte le piattaforme di “musica liquida”, raggiungere sterminate quantità di interessantissime produzioni sempre nuove oltre a quelle già presenti è sempre possibile.

Ora immaginatelo con tutte le branche dalla produzione artistica prima e del sapere in generale poi. Compreso tutto l’UGC prodotto da quando esiste il 2.0. Arrivati ai social tutto è UGC, ogni giorno. Mescolanze, mode. E siamo arrivati a tutto quello che è generazionale. Fare una battuta basata sul terreno comune è diventato molto difficile, a meno che il terreno comune non sia davvero l’unica cosa che vogliamo inseguire, tutti sulla stessa cosa, tutti col sistema “alla moda” come un tempo (“ma come non hai visto l’ultimo… non hai sentito l’ultima… non sai che… ?”). Adesso ognuno si ascolta, legge, vede quello che gli pare, se lo seleziona. Ma… no, le mode e le condivisioni hanno fatto ripartire il meccanismo togliendo l’intermediario “esperto”. Tutto qui. Embè?

Embé io rimetto tutto in prospettiva e mi chiedo quanto senso abbia (avuto) (essersi dati) darsi degli ignoranti per la non-condivisione di un background su cui basare citazioni. La conoscenza, il riferimento alla conoscenza citata … sono due cose diverse. Ha senso dire, come ci insegnavano, chi stiamo citando. Ma il suo contenuto è valido di per sé: invece che alludere, basta citare per intero, senza elisioni e quello che qualcuno ha detto e noi citato, sarà sempre valido, interessante, arguto o quel che deve essere per il motivo per cui l’abbiamo citato.

I grandi erano del passato? I grandi erano di una certa zona? I grandi erano di una certa ideologia? I grandi ora si mescolano nel mare della produzione infinitamente immagazzinabile. Chissà quanti non hanno avuto la fortuna di essere registrati dalla storia nella loro interessante produzione espressiva. Chissà quanti hanno inventato qualcosa o scoperto qualcos’altro che si è perso. Li avessimo potuti conoscere attraverso una registrazione scritta, notata la cronologia, magari a quelli famosi che citiamo avremmo detto “ah reinventi l’acqua calda eh? Braaaaavo”.

Ricorderò sempre il mio prof che – ritenevo sempre in modo comicamente ridondante – avesse dovuto abbassarsi a dire che “Jovanotti non fa testo, tra le cose da citare: sono ammesse quelle dell’antologia”. Parliamo di 25 anni fa almeno. Bene, oggi Jovanotti è ancora qui e non sono certo che non venga citato, né che qualcuno abbia qualcosa da ridire su questo, ahimè.

Ogni produzione espressiva e culturale che rimane fuori dal tempo per la sua potenza e la sua universalità si differenzia, lo comprendo, dal mare in cui sono nate. Ma il valore di chi le cita è riconoscibile solo in rapporto all’avere lo stesso terreno in comune. Che valore c’è in questo? Che stupida reazione, per contro, hanno i ragazzi(ni) che si citano serie televisive a vicenda magari provenienti da canali a pagamento diversi gli uni per gli altri, quando già da piccoli hanno visto cartoni animati differenti – quando dicono “ah, non capisci niente” ad uno come loro, che ha solo ricevuto una uguale quantità di materiali interessanti ma diversi?

La base, credo, del capire come mai consideriamo male chi viene da un altro paese. La stessa base.

Ma ora con esempi più facili da fare.

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