APR-2020 – Bigstock non è mai stata un’agenzia di microstock facile. Nei miei appunti, soprattutto riguardo al loro durissimo rating che rimane ad imperitura memoria a diminuire la tua percentuale di buone sul totale e quindi sul numero di immagini sottoponibili, sono tra le più toste. Sono tra le più toste da convincere, in tutto.

Sostanzialmente nei miei appunti c’era un bel “se vai bene con loro, vai bene con tutti”. Rompono i coglioni in tutto quanto il rompibile, più di Shutterstock e più di iStock e non è nemmeno granché comoda l’interfaccia. Molte informazioni sono false e lo sono sempre state: una su tutte quella sul funzionamento dei tasti SHIFT e CTRL nella loro GUI, che non corrispondono al vero. Esiste un meccanismo e se sei abbastanza scafato lo capisci. Ma devi essere uno abituato ad adattarsi ad una macchina e non ad aspettarsi che le macchine facciano quello che tu ti aspetteresti.

Le cose però col tempo non sono migliorate. Sono peggiorate. Puzza di fallimento a chilometri: personale ridotto, nessun problema risolto, tutto superficiale, scomodo, nessuna delle ragionevoli richieste fatte dai collaboratori ascoltata, nessuna.

Il tasto “live chat” che campeggia in basso a destra è perennemente spento: puoi anche mandargli una e-mail se vuoi. Tanto alla fine non caverai un ragno dal buco.

Una delle più grandi cagate in assoluto, che ti fa veramente incazzare, è la recentissima scoperta – e una volta non era così, ve lo posso assicurare – che la modifica bulk dei dati LI UNIFICA. Cioè se prendo quattro immagini, una raffigurante una rosa, una un cartoncino rosa, una la signora rosa, ed una casa rosa e gli applico la categoria (sto inventando) “rosa”, non solo verrà applicata la categoria: no, verranno copiati gli stessi TAG, TITOLO, DESCRIZIONE. Per fortuna, se non erro, non la liberatoria. Ma il contrario si. Se applichi la stessa liberatoria a tutti e cambi UNA categoria, vengono applicati a TUTTI , titolo, categoria, tag, descrizione. Una merda totale. Motivo per cui te li devi rivedere uno per uno.

Poi ogni tanto si impalla, così, e non c’è verso: questo è sempre accaduto. Le risposte, come qualsiasi assistenza del cazzo di qualsiasi cosa coinvolga un computer, parte sempre da “aggiorna il browser, svuota la cache”. Ma come mai ieri il browser, che era meno aggiornato di oggi e in cui la cache è sempre gestita allo stesso modo, non dava problemi e oggi si? Ma il povero operatore ti dice quello che ti deve dire. Negli ultimi 20 anni la miglioria è stata che non ti chiede se è acceso e la spina attaccata. Nel mio caso sono molto grato. Nel caso di altra gente dovresti verificare se sono ad un computer o ad un cellulare: non è scontato.

Poi è sempre qualcosa d’altro, non sono mai loro, anche se è evidente e il messaggio che lo stesso sistema ti da dice chiaramente cosa succede: i files FISICI non sono più lì. Potete allora cancellare il loro fottuto fantasma virtuale cosìcché non risulti che ho roba da mandare o da indicizzare che invece NON-ESISTE e non si toglierà mai?

Ipotesi e dietrologia: ma allora perché stai a romperti i coglioni con BigStock? Ma credo esattamente per lo stesso motivo per cui esiste ancora, nei confronti di Shutterstock (che la comprò): rende ancora, quindi si fa il minimo indispensabile e si raccattano i soldi. Si dicono tante belle frasi di convenienza e non si fa un cazzo per migliorare, si drena, si arriva al limite, poi si chiuderà. E così fanno con noi e noi con loro: finché guardiamo i numerini e con uno sbatto “controllato” ricevi il soldino, allora un po’ di sbatto te lo fai. E quello che non va lo ignori, cancelli, passi oltre. E non importa se non va perché loro sbagliano. Tanto non c’è dialogo, non c’è collaborazione, non c’è ascolto. Forse sono in due. Forse c’è uno che passa una volta alla settimana a prendere a calci un server.

Forse non esiste nemmeno: è solo un brand con un certo numero di clienti.