Io vivo sempre così ( cronache da un Corona World )

Mettetevi un disco ambient di Brian Eno qualsiasi. Non quelli con la voce. Non le collaborazioni. Brian Eno vero. Se non fa per voi non importa, tenetelo e guardate fuori la notte, fermi alla finestra o in terrazzo, se ce l’avete. State li un po’.

Dissolvenza su nero, passate ad un largo schermo di computer.

Io vivo sempre come ora voi state vivendo in questo momento. Io #restoacasa quasi sempre. Tutto sommato è, per il 75% del tempo, il mio posto di lavoro. Quindi quando voi andate al lavoro e io vado “al lavoro in ufficio”, stiamo facendo la stessa cosa. Ma io lo faccio a casa mia. Quando scatto, momento bellissimo, origine della “materia prima”, sto solo facendo una piccola parte del lavoro.

Ora, proprio adesso che siamo in “isolamento fiduciario”, in quarantena come continuano a chiamarla tutti, io non noto grandi differenze.

In questo momento vorrei che – senza che muoia nessuno – restasse tutto così, fermo, mentre io con lentezza procedo, egoisticamente, a cercare di fare due soldi, a cercare di imparare cose. Ma con lentezza, calma. Senza correre. Perché spesso noi corriamo solo perché dobbiamo, non perché vogliamo. Molti hanno una indole più sbrigativa. Io talvolta, ma solo se lo sento io. Ora invece mi fa sorridere vedere gente che non sa che cazzo fare della propria vita se sta in casa. L’eternità in questa modalità non mi sta stretta, non mi è insopportabile. Sarà il periodo.

Naturalmente, naturalmente si, mi manca il rapporto umano, figuriamoci. Sono un selettivo, non un completo lupo solitario. Ho bisogno di un mio spazio, del mio tempo. Della mia individualità. Ma posso passare ore a dialogare con qualcuno: mi piace.

Ora mi sento così, strano, in questo mondo calmo. La quiete del mio paesello non è cambiata affatto: come fotografo non farei grandi scene se rischiassi di andare contro le restrizioni per produrre immagini d’effetto. Qui è sempre tutto tranquillo: fare una foto o un video di 5 minuti con niente e soprattutto nessuno in mezzo alla città non è poi così difficile. Basta sapere quando farlo. Non è come Milano, Venezia, Roma, Firenze, Trieste. Non è così strano.

Oggi ho fatto una passeggiata rapidissima, ma un po’ più lunga su richiesta di B per controllare se era vero che la ciclabile tra il nostro comune ed un altro era bloccata (non lo era, solite bufale della settimana, locali questa volta) … ma non era tanto diverso da farla di solito. L’unica cosa sono gli sguardi indagatori… tu guardi loro pensando “ma non capite che siete 5 famiglie di un condominio in giardino?” e loro ti guardano già – nonostante la trave nell’occhio, per vedere se tu hai la pagliuzza – “perché sei in giro? dovevi proprio passeggiare?”. Sono rimasto in casa tre giorni, ho solo preso una boccata d’aria, ho fatto il giro di tre case e sto tornando a casa, penso, in silenzio: non mi vorrei mai giustificare, nemmeno su richiesta. Eppure questo ci sta succedendo.

Ma quando torno mi sento come al solito. Torno a fare le mie cose, a fare le mie pause, a vedere serie TV. Certo certo certo, sono un fotografo, mi manca scattare, ma non sono un fotografo amatoriale. Io scatto quando voglio scattare. Non sono uno che “fa le uscite”. E quindi aspetto che sia il momento. Sperando che le panze non si ingrossino, i culi non si inflaccidiscano, gli ADIPI non si stratifichino. E casomai pazienza.

Le cose serie, l’economia pericolante, i casini veri, le preoccupazioni, i morti, le malattie, i miei familiari, i ricordi di rapporti, di amore ve li risparmio, per oggi. Volevo solo accennarvi di un viaggiatore di un mondo silenzioso tutti i giorni, silenzioso oggi anche per tutti voi.

Nei primi giorni ho fatto qualche salto in studio. Pensavo di fare più pulizia di così. Ma adesso ho lasciato il robot, il deumidificatore attaccato a scaricare in cesso, una stufettina a termostato per evitare la condensa in bagno. Basta. So che lo studio è relativamente al sicuro. Pensavo di usare la mia possibilità di uscire per lavoro. Ma la mia posizione fiscale, grande pregio, ha il difetto di non farmi disporre di visura camerale né di codice ateco “nero su bianco”. E così in un momento in cui contano i pezzi di carta “facili”, oltre alla mia sensazione di non dover abusare di una libertà che altri non anno e che bramano, resto a casa tranquillamente. Lascio. Mi dispiace davvero di non approfittare per mettere in ordine il camerino, che è un casino. Di non spostare un po’ di roba dall’altra parte della stanza per lasciare che il robot pulisca. Ma lascio.

Come lavoratore del microstock stavo già apprezzando Fink, poi gli album degli Zero7 dopo Simple things che avevo amato… e ora quasi tutta la discografia di Brian Eno “ambient”. Pensare che da “piccolo” programmavo ascoltando “The Shutov Assembly”. Sembrava assurdo. Eppure la apprezzavo già ai tempi. Oggi mi secca un po’ scaricarla, sapendo che ho il CD da qualche parte in cantina. E che forse ero stato tentato di vendere. La notte è ancora più notte in questo modo.

Mi chiedo come mai il mio vicino di casa che fa il pizzaiolo non abbia approfittato per trasformare in fonte “foodracers” la sua pizzeria: ha chiuso. Tutti quelli da asporto che ho contattato non riuscivano a staccare il telefono dall’orecchio.

Se hai verificato che quello che scriverai è vero, che è qualcosa di buono sull'argomento ed è utile che io lo sappia, ma soprattutto SE SAI USARE LA PUNTEGGIATURA, dimmi: