cazzoditestardodimerda, o anche no

Lasciar perdere. Ho imparato a lasciar perdere. Perché se lascio perdere, la mia vita vince. Quando vince la Verità, la mia vita muore. Quando gli argomenti sopravvivono, io muoio.

Quanto è importante dunque quello che si percepisce come “avere ragione” ? Dipende. Quello che è vero è vero. Ma ne va della tua vita?

1984 ci ha riassunto, per chi capisce, tutto, nel semplice “libertà è poter dire che 2+2 = 4”. Perché se tu non puoi dire questo, che è vero, allora non sei libero. La libertà è la possibilità (potere) di dire che quello che è, è.

Ma nella tua vita, quanto ha importanza? Quanto impegno, accanimento, passione, determinazione, mordente, verve, vita, tempo ti è richiesto e chi c’è dall’altra, come si sente, cosa prova per il suo argomento, quanto condividete metodo e linguaggio e quanta percentuale di quello che ti frega, in totale, del rapporto con quella persona, è in gioco?

E dunque, perché è bello poter parlare dei massimi sistemi? Perché non lo fai con l’amore della tua vita. Sei libero. Sei libero di dire che quello che è vero è vero. Sei libero di portare il tuo argomento. Di prenderlo tutto avvolto nello sporco dell’imprecisione, dell’incomprensione, dei fraintendimenti e buttarlo nell’acido della verità, della verificabilità, della ripetibilità, del metodo condiviso, dell’oggettività e tirarlo fuori, candido, puro, divenuto finalmente un fatto assodato. Assodato per lo stato attuale dell’acido che hai tu. Domani magari esisterà qualcosa che scalfisce meglio, o che dimostra che il tuo acido ha bruciato troppo.

Ma se le mani su quel grezzo sono le mani di qualcuno che ami e non ti sente quando gli/le dici di toglierle e si brucia? E si fa male, tu gli/le fai male. Quanto era importante quella cosa dentro la pietra, quel metallo puro? Quanto era importante PER VOI ?

Lo scienziato, lo studioso, lo specialista fanno un lavoro. E condividono, nel loro ambiente, lo “stato dell’arte” di quanto sia stato scoperto, nel corso della storia umana non dimenticata (grande errore, ma capita) … e non devono mai preoccuparsi se uno studioso con cui sono in disaccordo “gli voglia bene”. Si stringono la mano? Si spera. Si rispettano da bravi accademici? Si spera. Ma di sicuro quello che accade alla loro bestia rimane via dal corso della storia, delle pubblicazioni. Rimane pettegolezzo, rimane bestialità. Quando la bestialità conta, io la voglio. Ma quando è d’intralcio allora no.

Conosco forse una o due persone che non finiscano per pensare che io sono un testardo di merda. E basta. Perché perseguire/proseguire un dialogo è sfiancante, sfibrante, esaurisce energie, tempo. Per cosa? Quanto è importante?

Questo ho imparato a chiedermi. Quanto è importante? Per me e te. Me+te. Ci importa davvero? Il permaloso risponde “beh ma allora se niente conta facciamo a meno di parlare di tutto”. Questo dice mio padre. Ma dovreste essere li per capire quando lo dice. Allora mi dareste ragione. Allora capireste che bisogna chiedersi se conta, quanto conta, se conta adesso. Se conta con questa persona. E non perché questa persona non conti. Ma tutto quanto, quando si sta di fronte al perseguimento della verità, alla pervicace e reiterata ricerca che scava, che illumina, si interroga, si reinterroga e sottopone al medesimo interrogatorio, ricerca, rigore, disciplina e critica anche l’interlocutore va messo in prospettiva, in una scala di valore.

Il mio migliore amico si professa contemporaneamente seguace dell’Islam (svincolato dalla religione ufficiale, ma la segue per conto suo) e contemporaneamente, in sostanza, fascista. Di tutte queste cose, per circa vent’anni, di settimana in settimana, abbiamo parlato, sporadicamente. Un po’. E lasciato perdere. Un po’. E anche evitato del tutto. E poi magari ripreso dopo anni. In alcuni casi ha voluto solo fare il bastian-contrario per sfidare, per fare lo stronzo. Se si fosse guardato intorno e avesse visto che erano tutti fascisti, sarebbe stato Bakunin in persona, forse. Ma dovevamo lavorare. Quanto era importante? Quanto dicevamo in quelle conversazioni, in qualsiasi modo, anche velato, nel metodo, nelle conseguenze, nelle azioni ha influito? No. Era accademico. In nessun modo il suo comportamento era davvero squadrista o prevaricatore. Mai. Era la persona più rispettosa del mondo. Lo è. Abbiamo imparato milioni di cose. Credo di non poter dire di avere mai litigato con lui, mai. Anche se abbiamo discusso all’infinito. E di certe cose era evidente che non si poteva, non ci arrivava, non era il suo o non voleva lui, o non volevo io. Eppure siamo ancora qui, ci vediamo ogni mercoledì.

Se vedeste in cosa mio padre si incaponisce nella sua ricerca della verità (nell’approfondimento dei fatti, dei dettagli, della discussione) direste sempre, ma sempre “lascia perdere, per favore, che importanza ha?”.

E un giorno l’ho fatto.

Ma non così. Non in una frase. In un pomeriggio. Lo ricordo come momento importante e doloroso, anche. Mio padre pianse. Non capita quasi mai, sapete, è del ’37. Mi è stato difficile, mi è costato fatica, dedizione, impegno, tempo, e coraggio: tanto coraggio. Stare li di fronte a tuo padre, che per te è ancora sostentamento, che per buona metà della vita hai temuto almeno un po’, e dargli torto e spiegargli quanto ha torto, farglielo vedere, girare la sua testa con la tua, dalla stessa parte e fargli vedere: guarda, io vedo questo, tu lo vedi? Quando guardiamo insieme, tu vedi quello che vedo io? Si. Ora lo vedi. Dunque, serve? Serve fare quello che fai o serve solo a te e causa dolore agli altri? E se lo capisci, capisci che non serve – davvero – neanche a te? E che sbottare risentiti “allora niente è importante!” è infantile e soprattutto falso ?

A volte è importante, a volte no. A volte. A volte con qualcuno. E a volte in generale. E in determinate altre questioni, in determinati ambiti, in determinati momenti invece è fondamentale, si deve fare, non si deve mollare, se molli succede un casino, se molli appare il falso, si moltiplica l’errore, vince il cattivo, la Verità perde. Ma non sempre. Spesso, durante la giornata, con i tuoi cari, questo non accade, non è necessario, è superfluo, dannoso, farraginoso, fastidioso. Ininfluente per il fine per cui le cose vengono fatte o dette e influente in senso negativo sul rapporto, su come queste si sentono.

E allora lasciar perdere non è perdere. Era proprio l’affrontare il discorso la cosa da non fare. Non serviva. Talvolta è noia. Talvolta è l’incapacità di stare zitti, di non mostrare che ci sei, di avere la necessità di dire ad alta voce che tu ci sei, come se nessuno ti avesse visto. Mentre questa necessità l’avevi tu, ma non c’era: ti avevamo visto, sapevamo che c’eri, ti apprezzavamo lo stesso, ti amiamo lo stesso. E poi magari ci si mette li, oziosi, e si discute a morte su qualsiasi cosa. E poi si guarda l’orologio, ci si alza, si va a fare il resto.

Sono sempre io che lo dico. Sono sempre la stessa persona. Quello che pensa che, esaurite molte cose legate alla fisicità del nostro corpo e alle necessità della sopravvivenza, siamo fatti per chiacchierare. Di ogni cosa? Volendo. Ma fino alla morte io preferisco costruire, avere in mano mattoncini di verità, magari su precedenti mattoncini scoperti da qualcuno, per essere meglio di ieri. Ma certo, si, ci sono anche studiosi di religioni e credenze di popoli primitivi: sono affascinati da qualcosa che sanno essere falsa, ma che ha uno scopo per un gruppo di esseri umani, un significato tutto loro.

Parlare e discutere non è sempre un chiacchiericcio, non è sempre una peer review, non è sempre. Niente. A volte dunque fai la maratona, a volte corri i 100 metri, altre i 400, altre ostacoli, altre i 1000 siepi. Altre ti alleni e basta. Altre passeggi. Altre stai li seduto e te ne fotti. E sei sempre tu. Non succede niente e niente ti fa essere non-tu se scegli di non fare una di queste cose.

Negli ultimi 3 anni tante piccole cose del mio passato sono state messe nell’imbuto e al setaccio. E ne ho rivalutato il peso. Sono sempre importanti? “Dipende” è sempre la risposta. Sono ancora importanti. Per me. Dentro di me. Ma in rapporto agli altri dipende. Mi importa il bell’eloquio. Mi importa il bell’italiano. Mi importa che sia corretto. Ma alla fine me ne sbatto, ma solo su una cosa non posso asssolutamente mollare mai e questo è il significato. Puoi parlare di merda ma io devo capire quello che dici ed essere sicuro che tu capisci quello che dico. Poco importa lo stile. Se questo non avviene allora si, allora si riduce il livello di comunicazione a “io fame, tu fame? noi cibo” se serve. Ma dipende. Con chi? Perché? Per quanto?

“Avere ragione” non ha alcuna importanza. Ha importanza, se ne ha per te, la verità. E a volte. Dipende.

Se hai verificato che quello che scriverai è vero, che è qualcosa di buono sull'argomento ed è utile che io lo sappia, ma soprattutto SE SAI USARE LA PUNTEGGIATURA, dimmi: