Mousse al senso di colpa idiota

A casa dei miei la Bibbia della cucina è “il cucchiaio d’argento”, ora leggete con voce fantozziana, tomo degli anni ’60 già proveniente dagli anni 50 con foto rivisitate, dal peso di 7 chili, e considerato portatore della Verità in cucina.

Parte degli antipasti del natale è la “mousse di tonno”. Tutto è di una semplicità disaramante, persino per me. Fatto sta che da una decina di anni la devo fare io. Magicamente io so cucinare. Ma anche se 10 minuti prima ero li, presente, a cena, a tavola e mentre mi facevo che so, una frittata, mia madre mi diceva come fare, con mia somma gioia. Questa faccenda richiederebbe la costruzione della macchietta di personaggio che è mia madre. Se avete presente Moni Ovadia che racconta come sia fatta in generale la mama ebraica, con alcuni tratti davvero grotteschi, dovrei fare questo. Se ne avessi voglia. Sarebbe anche utile perché in realtà c’è da ridere.

Ad ogni modo, vado a memoria secondo la versione OLD-SKOOL del CdA: 300 grammi di tonno (non 300 tra OLIO e TONNO) in scatola, 220g di burro, 4 acciughe, pepe, limone. Attenzione che qui viene il difficile: ottenere il succo del limone senza i semi, a parte: difficile ma so che ce la farete. Fatto questo buttare tutto nel tritatutto, vrr, vrr. Fatto. Colare la pappa in una ciotola precedentemente protetta da carta stagnola o pellicola trasparente. Schiaffare in freezer. Servire scodellando questa cassata-di-tonno, oppure tagliando fettine da 2-3 mm e poi godere come dei maiali spalmando su qualsiasi cosa vietatissima dalla mia dieta tipo cracker fichi del panificio, oppure tuc, oppure roba fintamente biologica al sesamo (adoro il sesamo), fette biscottate, pane tostato. Tentare di smettere visto che è un antipasto.

La ricetta odierna la trovate QUI. Le foto presentano un colorito rosa e questo mi dice che qualcosa, nel tempo, è cambiato. Ma noi no.

Inevitabili gli “ma perché non fai così? potresti fare cosà, forse non sarebbe meglio se”. E io ormai da 9 anni chiedo sempre solo una cosa: “fermi, scusate, solo un secondo – com’era la mousse l’anno scorso? Pensateci solo un attimo, voi che spalmate , il crock-sgnam in bocca e…? schifo?”

Di solito l’immagine evoca subito un sorriso e un “era buonissima!”.

E di solito subito il sorriso svanisce, perché hanno capito che stanno trifolando il barbagallo. Ma pazienza, questo è normale, razza di fastidioso stronzo ingrato con i tuoi vecchi. Ma infatti questo accade con simpatia.

Ma no. No: oggi siamo andati sul classic-mom-extreme-style “faccio affermazioni a cazzo dandole per vere e le concateno l’una all’altra come se la prima e la seconda fossero fatti e dall’una quindi derivasse davvero l’altra”, ma in particolare le faccio su di te. Ma io lo so qual’è il problema. Sono io, lo so: perché io non ho imparato a sbattermene il cazzo e stare zitto, lasciar correre, lasciare che affermazioni del cazzo vengano fatte, in silenzio, lasciar correre che tanto non cambia niente, che non si fa che inacidirsi tutti il sangue e fare la figura dei rompiglioni. Colpa mia, mannaggia a me!!!

L’oggetto del contendere: i miei sono profughi della seconda guerra mondiale, profughi Istriani. Se non lo sapete vi riassumo con superficialità, imprecisione, faciloneria: per motivi politici quella che un tempo era una regione dell’Italia, l’Istria, è stata ceduta all’allora Yugoslavia. In occasione di questo evento gli Italiani presenti sul territorio che erano già vessati dalla popolazione locale di origine slava, sono stati progressivamente oppressi fino a perdere ogni diritto di proprietà, o altro, fino a decidere “o stai qui o te ne vai” e lo “stai qui” non era certo “sei il benvenuto”. Infatti questo ha generato anche odi ulteriori tra chi ha “resistito” e le migliaia profughi. Comunque se la parola “FOIBE” vi dice qualcosa solo perché qualche fascista ve le ha citate senza sapere bene di che cazzo parlasse, sotto casa di mia madre (che era sul limitare di uno strapiombo) c’era una foiba. E molte persone che mia nonna conosceva sono sparite di notte. Avete forse in mente le immagini di persone nude sul ciglio di un dirupo alle quali sparano girati di schiena, fucilati. Io ce l’ho. Credo fossero tra le migliaia di uccisi nella prima o seconda guerra mondiale. Beh immaginate una cosa simile, ma con le persone legate le une alle altre tra le mani, col filo spinato : sparavano ad alcuni e ad altri no e venivano lasciati cadere in quei crepacci, crepe nella terra in cui buttare cadaveri mescolati ai vivi, a morire. Stupri. Campi di concentramento, freddo da morire e pazzia. Cose simili ai gulag in piccole isole dell’Istria. Se non vi basta vi informate. Io ho ignorato molto di tutto questo fino alle medie. Poi ho iniziato ad ascoltare, a capire, a chiedere. La nonna a parlare quando prima non lo aveva fatto. Mio zio anche. Piano piano hanno parlato un po’ tutti. Stavano tutti troppo invecchiando. Comunque io ho chiesto.

E’ uscito ROSSO ISTRIA, un film sulla questione che, finalmente,  pare particolarmente riuscito. Ma io non sono andavo a vederlo e non avevo intenzione di andare a vederlo. Non sono nemmeno andato a vedere personalmente Magazzino 18, di Cristicchi. L’ho visto in video, ottimo: se non sapete niente partite pure da questo. Tutto vero. Abbastanza realistico e sufficientemente divulgativo, scorrevole, emoziona come deve.

Mia madre, con il suo modo speciale, ha asserito che siccome non andavo a vedere quel film a me non interessa della nostra storia, della vicenda dell’Istria e … e non voglio nemmeno sentire. Ah quindi A ME non interessa. Io ho preso mio padre, una dozzina di anni fa e nonostante avessi sentito già mille volte ogni cosa ho detto: ok papà, prendo appunti: raccontami tutta la tua storia. Ho preso appunti, mi sono segnato le tappe. Poi quando ha finito gli ho detto: bene, che ne dici se andiamo dappertutto? Non credo di avere tutto il tempo, tutti i soldi, ma vorrei andarci con te: andiamo, mi racconti tutto di nuovo, mi spieghi, mi mostri, se ce la fai, se non ti fa troppo male. Lo abbiamo fatto. Ora, ditemi per favore che capite che ho fatto di più che interessarmi alla benedetta questione Istriana. Io sono andato con uno di loro che già mi aveva raccontato tanto, che già ha espresso posizioni prima personali e poi politiche nei confronti di quello che accadeva con uno o l’altro governo… e con lui, con una persona, un vero profugo istriano ho preso la macchina e sono andato a seguire il suo personale esodo, quello che ha fatto lui da bambino, nato nel 37 e arrivato in Italia (documento visto coi miei occhi) “coi soli vestiti che indossa” assieme ad una zia, neanche alla madre (mia nonna paterna). Ho ascoltato, ho fatto domande, ho discusso, abbiamo chiacchierato e mangiato in tanti posti, fatto foto di merda che adesso non vedrà più perché non ci vede.

Chiedo: perché dici che non mi interessa? Tu vai a vedere film su Auschwitz, Dachau, Buchenwald o verifichi quanto sia vero e quanto no sulla Risiera di San Sabba? No? Ma come? Te ne sbatti del’Olocausto o forse ti sei già interessata a sufficienza? Eh ma questa è la nostra storia. Bene, e io non sono forse andato nel modo più intimo possibile ad interessarmi proprio con un diretto interessato, dalla sua viva voce e direttamente sul luogo, su ogunno dei luoghi del suo , PERSONALE, esodo? – eh ma magari altri ne hanno avuto un’altra di esperienza. Ottimo: quindi prima “eh ma era la nostra” e poi “si ma quella degli alti” e questo è in genere il tenore di incoerenze che iniziano a spuntare e io schiumo e sbarello.

Se fossi stato meno coglione avrei detto “no ma lo vedrò”. E fine. Che poi sarà anche vero che lo vedrò. Dovrei spiegare a mia madre, ma in modo che lo capisca* davvero, cosa significa desiderare ogni giorno di morire e come mai io non vedo più niente che sia superiore a Peppa Pig in termini di comprensione della realtà e della storia. Non posso più guardare Report. Cerco di fare de mio meglio con le persone che mi sono a diretto contatto, una per una, del mio meglio.

Ma resta il fatto che sul suo volto c’era un bel “ehhhhhhh, a te non te ne frega niente della nostra storia”. E non sono riuscito a prenderla in ridere, come dovevo.

*per spiegare questa boutade da stronzo vi basti questo: faccio questo lavoro specifico, non “il fotografo”, ma questo-tipo di fotografo, da circa 6 anni. L’altr’anno ho dovuto mettere per iscritto come funziona e chiarire, per la 100ma volta che io non ho “clienti” e non esiste “c’è tanto lavoro, c’è poco lavoro” come negli altri business. Di tanto in tanto mi tocca dire “per favore, rileggi il foglio”.

1 Comments

Se hai verificato che quello che scriverai è vero, che è qualcosa di buono sull'argomento ed è utile che io lo sappia, ma soprattutto SE SAI USARE LA PUNTEGGIATURA, dimmi: