mi esprimo fastidiosamenPERMALOSO

Nel meraviglioso articolo di Tiasmo riguardante ” Cinque frasi motivazionali che mi hanno rotto le palle. ” avevo immediatamente provato senso di empatia, immediato, viscerale: che vadano affanculo, ahahah rido.

LOL.

Ieri ho visto per una giornata persone che, senza andare dai motivatori, di quelle motivazioni vivono. Una per una. Persone semplici, non pompate, non esaltate. E mentre parlavo con questa donna che alza la testa da una vita durissima, di ogni passo, ogni faticoso abbandonare la comfort zone, ripensavo a quanto facilmente ho crassamente riso. Ma ancora una volta, è ridere del prof che ti dice cosa fare, senza ricordare che a lui non gliene frega un cazzo se lo fai. Sono tutti fatti tuoi: non vuoi motivarti? Non vuoi uscire dalla comfort zone? Non vuoi splendere? Non vuoi godere delle piccole cose? Trovi mille modi per rendere ridicolo quello che potrebbe essere il tuo appiglio? Accomodati, a me che te lo dico non cambia di una virgola: nella comfort zone ci sei già, non devi fare nulla per cambiare. Ma ci si domanda: che sia sarcasmo o non usi questa modalità, la critica che muovi è valida, sensata?

Ecco, quando passo dal “sono d’accordo con te” al “ma quello che dici ha anche questo aspetto non-condivisibile e ti dico come mai” … ecco che la gente mi manda affanculo mentalmente, fisicamente, direttamente, indirettamente. Si indispettisce, si chiede “ma cosa vuoi?”. O “ma perché mi dici questo?” senza pensare che il primo atto comunicativo sul “ma perché dici questo?” lo hanno prodotto loro: tutti noi potremmo chiedere subito “ma perché dici questo?” a ciò che hanno detto. Ma di solito o tacciamo o manifestiamo assenso. Io di solito, se c’è da ridere, rido. E poi ci ragiono. E di solito non sto muto. Cosa che dovrei fare. Dovrei ragionarmela per i cazzi miei senza comunicarlo, perché da fastidio, suona sempre da bastiancontrario e me ne rendo conto. Eppure io non lo faccio per dare contro, ma semplicemente per ragionare sui molteplici aspetti dello stesso concetto.

Pesante, inutilmente pesante, forse, su cose che vogliono essere leggere. Per me, però, l’umorismo, che si presenti in una forma o in un’altra, serve inconsciamente (se lo fai troppo intenzionalmente credo sia mestiere del comico) a trasmettere comunque una critica ad un aspetto delle cose. E quindi una volta esaurito l’aspetto comico, il messaggio sottostante rimane. L’umorismo è solo un codice comunicativo; al di là dell’aspetto tutto incentrato sulla sessualità, quanto diceva Freud sul motto di spirito secondo me possiamo tutt’ora considerarlo: mascherato dal coinvolgimento del suscitare la risata del gruppo a cui si racconta, c’è la funzione liberatoria dell’esprimere un concetto verso il quale hai qualcosa da dire con forza. Ma quella forza sembra eccessiva, allora stemperi con l’umorismo. Certo, cervellotico, eccessivamente analitico. Eppure: senza il messaggio sottostante, senza il vero fastidio verso quel determinato argomento, non si ride.

E’ una mia caratteristica, ri-ragionare sulle cose. Ma spesso la gente scherza, fa battutine, te la butta li, eh ma scherzavo. Ma scommettiamo che se io prendo il tuo concetto, quale che sia, lo giro al contrario, ci costruisco sopra una battuta, anche buona, e te la rimando indietro, tu non la prendi come pretendi che la prenda io? Qualcosa significa, no? Significa che non stavi solo scherzando. Significa che se io critico la tua battuta, tu non stavi solo scherzando. Quello che sta solo scherzando, a mio avviso (e qui ci vuole un salto di astrazione che Pindaro ci fa un baffo) è uno a cui l’argomento non interessa in alcun modo: un tecnico della battuta a cui dai un argomento qualsiasi (o il suo contrario) e ci fa la battuta usando una tecnica umoristica testata, oppure la sua naturale predisposizione a farlo.

Luttazzi,quando ancora esisteva il suo sito figo, aveva la “palestra umoristica” ed aveva anche identificato una zona precisa in cui navigare era sempre da considerare “umorismo fascista”, cioé quel genere di umorismo che prende di mira l’indifeso: quello è “vietato” perché come prendere per il culo lo storpio, il malato, mentre di solito è l’arroganza, il potere, l’autorità o un’ingiustizia che in qualche modo vengono sempre coinvolti dalla battuta.

Eh. Si. E quindi?

E quindi l’umorismo non è neutro.

Alcuni studi sulla pornografia umoristica nei vari stati verso la fine del 900 mostravano chiaramente quali fossero le critiche “popolari” sottostanti: da noi c’era sempre il clero, in altri stati c’erano le forze dell’ordine. Cose verso le quali avevamo bisogno di liberare, sfottendoli, della frustrazione nei confronti di quella specifica autorità che la popolazione sentiva, comunemente, schiacciarli.

Cazzo a me piace tanto ridere e più la cosa è intelligente più me la rido. Ma una volta scesa la risata il messaggio mi rimane. Tutti i comici di netflix mi hanno lasciato un sacco di messaggi sulla diversità culturale e le condizioni sociali della cultura e convivenza multietnica degli USA, sia benestante, sia da ghetto. Ridi di brutto, ma ti rimane qualcosa. Ecco, io su quel qualcosa ci ragiono sempre: e gli aspetti di tutte le cose possono essere molteplici, controversi, incoerenti, veri, non veri, belli, brutti. Questo rompe i coglioni. Alla gente piace sapere se sei COMPLETAMENTE con loro o COMPLETAMENTE contro. E il bello è che io di solito sono con loro, ma quello che hanno da dire non lo abbraccio del tutto, rimango un po’ scettico, dico, potrebbe migliorare, buona la battuta ma andiamo avanti, no?

L’aspetto che definisce “permaloso” un permaloso potrebbe essere questo? Vedere sempre anche l’aspetto negativo delle espressioni altrui? Cioè prendere “per male” qualcosa che non lo è. Ma dovrebbe essere solo se indirizzato a te, se ti coinvolge, no?

Alla fine questo blog mi aiuta anche in questo. Esprimersi su certe cose aiuta me a ragionare. Perché comunque l’idea nella mia testa ci passa. Comunicarla rompe i coglioni. E allora possiamo farne a meno. Peccato però, perché “palleggiarsi un concetto” è quello che in una discussione fa crescere. E discutere non significa litigare. Una volta nell’uso comune del verbo “ragionare” c’era quello di parlare normalmente tra due persone: “ragionavamo di questo” … Bello no? 🙂

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