Rock was dead

In tutta la mia vita precedente sentire “rock is not dead” per me era superfluo. Era ovvio, per me era vivo e vegeto e c’era un numero sufficiente di persone attorno a me a farmi vedere che non solo non parlavo al vento ma che potevamo avere gusti abbondantemente diversi persino nello stesso ambito, tra estremismi, gusti, nicchie.

Oggi invece è buffo sentire i “vecchi del rock” parlare davvero come vecchi. Con una certa benevolenza ma anche senza concedere un cazzo (Satriani a parte) … e dire “oggi i ragazzi ascoltano altro e quindi benvenga anche questo”. Senza dire che sono bravi, che lui canta, che l’altro suona. Niente. Al massimo sul fatto che sono sul palco con chitarre ed ampli senza roba elettronica.

Ma questo è: quello che io ho sentito essere sostanzialmente eterno è diventato “di moda una volta” (anche se ritengo fosse poco di moda e molto settoriale anche una volta). Ora davvero provoca la stessa sensazione che provocava quando è nato, nella maggioranza alla moda, fichetta, per bene: cioè “mh che rumore fastidioso, urlano”.

Ed eccoci a situazioni ribaltate, da vecchi, a sentire i giovani dire quello che una volta dicevano i vecchi ai giovani. Buffo? Strano?

Piacevole invece sentire Cacciari dire cose sulla gestione, senza visione, della Pandemia. Rinfrescante, mi sento meno solo. Certo, è un vecchio. Tra l’altro al telefono ha una voce paurosamente simile a quella di Mauro Corona! Ahahah!

Che poi sia una nicchia ok. Le nicche ci sono. Ma se la gente che crea e vive nella nicchia non è disposta a pagare, cosa produrrai? Chi investirà tempo e capacità in un miglioramento che sia fuori dalla sola passione? Se mi rompi i coglioni e mi metti a confronto, tanto non paghi, chemmefrega?