non possiamo essere tutti ingegneri n.20130707006

Preparatevi: l’ennesimo luddismo da bar. Partiamo da questo: l’unica possibilità per competere in un mercato globale è innovare. Operai specializzati, invenzioni, cultura, eccetera.

Ma una popolazione può essere tutta fatta in questo modo? Quanti dei nostri laureati trovano lavoro? Ok, potreste dirmi che sia il cane che si morde la coda, che è proprio questo il simbolo della non-innovazione, perché in un paese che innova i laureati trovano più posto. Non facciamo ricerca. Ok.

Facciamo finta che ci sia ricerca e che i laureati lavorino. Famo tutti innovazione? Tutti roba nuova ogni giorno e se non fai roba nuova muori, sei fuori, out? Ancora una volta, mi sembra che il mercato lavori in maniera e con dei tempi che sono disumani. Mio padre non ha innovato un cazzo in tutta la sua vita, ma per fare il suo lavoro serviva studio, precisione, pignoleria, conoscenza del settore e delle leggi, tenacia e determinazione, una certa forza di carattere. Ma di base le regole erano quelle e quello che fa serve ancora. Forse alcune delle cose che faceva spesso oggi si potrebbero far fare una sola volta o comunque con delle ripetizioni preimpostate con un drone. Non so quanto costi, non so quanto sia preciso, ma la possibilità esiste. 

Voglio essere semplicistico (non saprei essere altro) ma cercare di pensare alla normalità: quante persone arriveranno mai ad un grado di istruzione tale da poter innovare e in quanti settori? E tutti gli altri? All’interno del Paese, quante persone saranno sostituite dalla tecnologia (che lavorando in efficienza ovviamente non sostituisce in rapporto 1:1) ? E che faranno? Perché a me interessa: non mi interessano risposte “faranno qualcos’altro” perché il qualcos’altro va trattato come sopra: anche in quel qualcos’altro ci saranno macchine per i lavori semplici e ultraspecializzati per il resto. La piccola distribuzione o l’artigianato sono cancellati dalle grandi multinazionali (dall’economia di scala, dovrei dire? è corretto?) … quello che intendo dire è che le persone normali sono condannate a morte. Ma non vogliamo dirlo chiaramente? Perché no? Pudore? Eppure sappiamo bene che i nostri genitori non sono tutti premi Nobel eppure hanno tirato su famiglie intere. Sappiamo che non tutti siamo scienziati, che non tutte le persone preparate sono innovatori/trici e che non tutti sono stati in grado – umani, non tutti uguali – di prepararsi per essere aggiornati ad un mondo che è “nuovo o morire”.

E dunque, come ho sempre detto della pagliacciata sulla “politica per la famiglia” (fanculo la famiglia: pensa alla felicità degli individui e vedrai che la famiglia l’hai sistemata tanto quanto il single) che comunque non fa un cazzo per la famiglia ma anzi, osservate il mondo del lavoro reale: la famiglia è un intralcio, un lusso, un problema che non riguarda le aziende. Allora dico raga: non siamo all’altezza della società che volete? NON DITECI CHE LA VITA E’ UN VALORE per voi, perché è il plus valore che vi interessa: l’utilità, la capacità di vendere un altro prodotto in più. Non ci volete in vita nemmeno per comprare il vostro ciarpame perché non volete mettervi in testa che non ce lo possiamo permettere. Stabilito che con i fatti ci mostrate che la vita non è un valore assoluto, smettetela di renderci difficili scelte diverse. Siamo di troppo, ce lo dimostrate con le alzate di spalle ed i “non è un problema mio” “If you can’t stand the heat, get out of the kitchen” eccetera tutte all’insegna de il più forte sopravvive, allora per favore, una volta meccanizzata la parte di persone inferiori, che non ce la fanno, che non sono in grado ed alle quali avete tolto la possibilità di sostentarsi rendendole inutili, lasciateci un sistema veloce ed indolore per non disturbarvi, per non farvi pensare all’assistenzialismo ed ai piagnistei. Ci togliamo dalle palle e resteranno solo i migliori. I migliori faranno tutti questi bei lavori fichi, si gestiranno, si comanderanno, si venderanno e compreranno tutto tra loro, creeranno si spera dei bei robot-minatori e dei bei robot-manodoperanonspecializzata da spostare dove piùccazzo gli aggrada.

L’innovazione e il progresso creati solo per risparmiare e guadagnare di più sul concorrente non sono ciò che produce miglioramento per la razza umana: lo scopo di quel tipo di efficienza è eliminare la forza lavoro umana. Raggiungere livelli di specializzazione in un mondo che desidera aggiornamenti ogni giorno non è umano. Mentre impari non fai, mentre inventi non fai.

Rallentare permette a tutto di funzionare al ritmo di esseri umani che imparano delle cose, che analizzano problemi e che poi producono soluzioni o agiscono. Il gioco del “mentre tu rallenti io ti fotto” funziona perché continuiamo a competere tra individui della stessa specie. Ma allora io mi aspetto di vedere anche arzilli sessantenni far fuori fisicamente quante più persone gli riesce, perché no? Perché se alla fine, ragionandoci, con i fatti, mi dimostri che il più forte sopravvive … alla fine fai questo: non lo fanno con la mannaia, ma con l’inazione che diventa inedia.

4 Comments

  1. Gran post. Non commento perché non sono nella situazione, dunque tutto ciò che potrei dire suonerebbe falso e facile.
    Mi viene solo in mente la QUINTA LEGGE DELL’ATTENDIBILITA’ di Arthur Bloch, quello di Murphy, che ho letto proprio stamattina:
    Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto ci vuole un computer.

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      1. e questo pre-merda eh! molto pre! 🙂 li trovo spassosi, niente affatto negativi. E avendo avuto a che fare con degli uffici progettazione ed uffici tecnici … sembrano davvero delle cassandre e basta. Magici! 🙂

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